mercoledì 4 agosto 2010

La nuvola non è di ferraglia

Alcuni sostenitori del cloud computing sono arrivati a dire che la cloud non è altro che un nuovo componente hardware.

In realtà, la cloud offre molti più servizi di un semplice componente hardware, ma questo può risultare troppo astratto per l'utente finale che la percepisce come un nuovo hard disk o (sarebbe meglio) un file server.

La similitudine è maggiore fintantoché non si fa sentire in modo notevole la latenza dovuta al collegamento via internet. Il cloud computing necessita di collegamenti veloci, ma la sua diffusione aumenta l'uso della banda dati. Fortunatamente anche questa è in aumento, staremo a vedere chi cresce più in fretta. Tuttavia, ci possono sempre essere dei picchi nell'uso della rete che impediscono il normale flusso dei dati (esattamente come succede nelle nostre autostrade in estate o a Twitter durante i mondiali).

Per questo, basare il proprio lavoro sulla cloud può portare a dei "fermi macchina" indesiderati. L'ottimizzaziome del sistema, con tecniche di caching, compressione dati, ecc., riduce il problema della latenza. Tuttavia, gestire la possibilità di lavorare off-line sincronizzando i dati all'occorrenza è secondo me la soluzione migliore, anche se più complessa da realizzare. La complessità aumenta se sugli stessi dati devono lavorare, con la possibilità di modificarli, più persone. In questo caso la sincronizzazione di modifiche off-line necessita spesso di un intervento umano, rendendo impossibile l'automazione.

Fortunatamente esistono strumenti in grado di ridurre al minimo l'intervento umano, anche se finora vengono usati solo in ambienti di sviluppo software (cvs, git, e altri), credo che presto li vedremo applicati anche nel cloud computing.

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